La religione in Giappone è un tema che incuriosisce spesso i visitatori occidentali. In quali divinità credono i giapponesi?
Questa è una domanda a cui è complicato rispondere. Il Giappone è uno stato laico e la maggioranza dei giapponesi si dichiara atea. Non esiste un’unica religione ufficiale mentre le religioni ufficialmente riconosciute sono circa un centinaio. Nell’ultimo secolo, una piccola percentuale della popolazione ha abbracciato la fede cristiana. In ogni caso, le religioni più praticate in Giappone restano il Buddismo e lo Shintoismo.
In particolare, lo shintoismo è la religione giapponese autoctona e, anche se meno conosciuta del buddismo, è altrettanto affascinante.
Continuate a leggere questo articolo per scoprire in cosa consiste lo shintoismo, com’è un tempio shinto e come fare per pregare correttamente gli dèi giapponesi.
Indice
Lo shintoismo in breve
Shinto significa letteralmente “Via degli Dèi”: è una religione che viene tramandata da molti secoli prima dell’arrivo del Buddismo in Giappone. E’ una religione di stampo prettamente animista.
Le divinità shintoiste sono numerosissime e si chiamano “kami”. Il numero elevato è dovuto al fatto che per questa religione, anche le rocce, gli animali e gli spiriti dei morti sono considerati divini.
Esistono kami che dominano su determinati elementi, come succedeva per le divinità egizie o greche: ad esempio, la dea giapponese del sole Amaterasu può essere associata a Rah o a Elios. Molto spesso, però, i kami sono dei simboli della natura: anche le montagne come il Monte Fuji, sono dei kami.
Lo shintoismo si caratterizza per non avere libri né testi sacri di riferimento né la presenza di una massima autorità religiosa. La religione è sempre stata tramandata oralmente dai kannushi, i preti shintoisti, e senza appoggiarsi a un libro sacro il reale significato di molte pratiche è andato perduto nel tempo.
Le principali divinità shintoiste
Come scritto sopra, il pantheon shintoista è talmente vasto che è impossibile elencare tutti i kami giapponesi. Tuttavia ne esistono alcuni particolarmente famosi: vediamoli insieme !
Izanagi e Izanami
Sono stati i primi due kami a scendere nel mondo degli uomini. Dalla loro unione sono state partorite le isole dell’arcipelago giapponese e una lunga serie di altre divinità. Sono venerati insieme come i protettori del matrimonio, della fertilità, dei parti felici e della famiglia.
Amaterasu
Amaterasu è la dea shinto del sole: la leggenda vuole che la stirpe imperiale giapponese discenda direttamente da lei, per questo il sole è diventato il simbolo del paese, tanto da essere usato anche sulla bandiera nazionale.
Amaterasu viene venerata nel Santuario di Ise, il più importante di tutto il Giappone.
Susanoo
Susanoo è il dio delle tempeste e il dominatore dei mari. Fratello di Amaterasu, questo kami porta caos e scompiglio ma è anche profondamente altruista: un episodio famoso della mitologia giapponese racconta che Susanoo salvò la vita a una ragazza sconfiggendo un enorme serpente, Yamata no Orochi.
Inari
Inari è la divinità dei raccolti, dell’agricoltura, della fertilità e degli affari. Ci si rivolge a lei affinché non manchi mai ciò che è necessario per sopravvivere. I santuari dedicati ad Inari sono riconoscibili per due elementi: le statue di volpi disseminate in giro e la presenza di numerosi portali che talvolta formano dei veri e propri tunnel color arancione acceso. Questi santuari sono sono una tappa obbligatoria durante un viaggio in Giappone.
Ebisu
Ebisu è una delle Sette Divinità della Fortuna: protegge i pescatori, i mercanti e attira la buona sorte. È raffigurato spesso come un uomo dalla pancia prominente e l’espressione gioviale: indossa abiti da pescatore e sotto il braccio porta una grossa orata.
Benzaiten
Detta anche Benten, è un’altra delle Sette Divinità della Fortuna: al contrario di Ebisu, però, è arrivata dalla Cina. Benzaiten protegge le arti, la poesia e la musica. Inoltre, viene raffigurata come una bella fanciulla dalle guance piene, per questo è considerata anche la patrona dell’amore.
Hachiman
Hachiman è il dio della guerra giapponese e il protettore degli arceri. Veniva venerato dai samurai del clan Minamoto, durante lo shogunato Kamakura, ma in seguito il suo culto si estese anche ai guerrieri degli altre casate. Hachiman è una divinità accettata sia dal pantheon shintoista che da quello buddista.
Il Jinja, il santuario shintoista
Il santuario shintoista, “Jinja” in giapponese, si riconosce immediatamente dal tempio buddista per la presenza del tipico portale “torii”. Vediamo quali altre caratteristiche ha.
Il jinja è costituito da un edificio suddiviso in due parti: lo “honden”, la casa del kami in cui nessuno può entrare, e lo “haiden”, dove i fedeli possono radunarsi a pregare e deporre offerte. Questo edificio si trova al centro di una radura circondata dalla natura. Quando un jinja ospita più kami, si dice che è un “taisha”: un esempio di taisha famoso è il santuario di Fushimi Inari a Kyoto.
Come si prega nei jinja?
Pregare in un jinja è una delle esperienze spirituali più emozionanti che si possono fare in Giappone. Ma qual è il modo corretto per pregare senza fare figuracce (e senza rischiare di offendere gli autoctoni)? Vediamolo insieme.
Prima di varcare il portale di un jinja, è buona regola fare un inchino. Appena varcato il portale ci si ritrova su un viale detto “sandō”: si cammina lungo i lati esterni per non ostacolare il passaggio degli dèi, che camminano al centro.
Vicino all’entrata, noterete sicuramente il “chōzuya”, una sorta di vasca piena d’acqua: qui troverete dei mestoli di bambù detti “hishaku”. Se ne prende uno, lo si riempie d’acqua (è preferibile riempirlo con l’acqua che sgorga dalla fontana, piuttosto che con quella che ristagna dentro la vasca) e ci si sciacqua la mano sinistra. Nella stessa mano, messa a coppa, si raccoglie un po’ d’acqua e si porta alla bocca per sciacquarla. Infine, si sciacqua anche la mano destra, si fa scorrere via l’acqua avanzata dello hishaku dentro il canale di scolo e si ripone il mestolo dove l’abbiamo trovato. Il significato di queste abluzioni è quello di purificare il corpo e lo spirito dalle impurità del mondo per essere presentabili davanti al kami.
Una volta di fronte all’altare, si può finalmente pregare il kami. La preghiera vera e propria, detta “sanpai”, consiste in 5 semplici passaggi:
- si inserisce una monetina (la migliore è quella da 5 yen) nella cassetta delle offerte;
- si tira energicamente la corda per far suonare la campana e richiamare l’attenzione del kami;
- si fanno due inchini profondi;
- si battono due volte le mani;
- dopo aver formulato in silenzio la propria preghiera, ci si inchina un’ultima volta.
Come vedete non è difficile e, con un po’ di pratica, riuscirete a farlo senza pensarci troppo.
Il matrimonio shintoista
Il matrimonio tradizionale giapponese, celebrato secondo il rito shintoista, si chiama “Shinzenshiki”. È costituito da molti passaggi e rituali, ma la parte più importante della cerimonia è senz’altro il “Sankon no gi”: qui gli sposi si scambiano per tre volte tre coppette di sake di varie dimensioni. Dopodiché, la coppia esegue il giuramento nuziale e posiziona alcune offerte davanti all’altare del kami.
Il rituale si conclude con un “brindisi” a base di sake per tutti i partecipanti e l’uscita in pompa magna dei novelli sposi. In questo caso l’usanza non è di lanciare loro del riso ma degli origami a forma di gru, che simboleggiano lunga vita e salute.
Ci sarebbe ancora molto da dire sullo shintoismo e sui rituali tradizionali giapponesi ma in fondo il modo migliore per scoprirli è visitare il Giappone e lasciarsi avvolgere dall’atmosfera misteriosa dei suoi jinja.
Grazie! Molto interessante!
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Grazie a te per averci lasciato un commento, in bocca al lupo per l’esame!
Finalmente un articolo chiaro e non troppo lungo! Grazie =)
è molto interessante come argomento. Anche perchè io vorrei diventare Buddhista Tibetana
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Bellissima spiegazione complimenti. Davvero affascinante. Grazie.
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